Ciao Massimo

Caro Massimo,

come faccio sempre oramai da anni, quando viviamo insieme i momenti più importanti della nostra vita, ti scrivo.
Il più delle volte caro Max, i miei consigli ti giungevano per i tuoi “Pensieri d’amore”. Oppure per le nostre discussioni famigliari, famiglie importanti le nostre, ma, “Volte ” un pochino pesanti. Oppure per le tue partite a calcetto che finivano in incontri di pugilato…

Ultimamente il più delle volte si parlava della salute del tuo papà. E tu ogni qualvolta che passava il momentaccio, o il fattaccio, tornavi con gli occhi da labrador, quegli occhi… quell’immenso dolce sguardo che ha Helge.

Non so se lui ha preso da te, o tu da lui; ma quello sguardo è stato per me così capito ed amato perché mi riconoscevo nelle tue marachelle, e che mi ha portato a comprendere i tuoi difetti, ed ad amarli.
In questi anni abbiamo condiviso battaglie, ideologie, sport, beneficenza, e la generosità verso il prossimo.
Proprio la generosità verso il prossimo è la tua più grande dote, la generosità del tuo cuore verso tutti, tutti coloro che avevano bisogno.

“Caro Amico” io sono sicuro che li in ” Paradiso ” nella squadra di calcio, tu indosserai la maglia con il ” Numero 10 “, e dal campo organizzerai il gioco di quei “Sandroni” degli angeli. La mia speranza, oggi, è che tu sia felice e sereno, come lo sei stato quando hai tenuto in braccio la mia piccola Anna, “Appena nata”, o i tuoi bellissimi nipotini; e che da lassù tu possa sempre rimanermi vicino.

Il judo in 150 secondi

di Marcello Bernardi

Il judo continua a essere uno sconosciuto, affascinante sì, ma anche sospetto. E continua a esserlo nonostante la sua diffusione ormai più che ragguardevole.

E’ convinzione abbastanza comune che si tratti essenzialmente di una tecnica di difesa personale e di uno strumento di autorassicurazione fisica e psicologica. In definitiva, di un’arma. Ma ciò che normalmente non si sa è che chi possiede quest’arma tende per lo più a non usarla come tale. E quanto meglio la conosce, tanto meno si sente portato a impiegarla.

La cosa è logica, come vedremo subito, e dipende da questo: se è vero che il judo è un efficacissimo mezzo difensivo e offensivo, è altrettanto vero che non è solo questo. Il judo è anche un’arma, ma il suo spirito va ben oltre un simile aspetto superficiale e grossolano.

Moltissimi sono convinti che il judo sia uno sport. E’ vero: lo è. Ci sono le gare e i campionati a livello locale, regionale, nazionale, internazionale, mondiale e olimpionico, ci sono coppe, federazioni, associazioni, medaglie, diplomi, eccetera; ci sono gli allenamenti, la ginnastica preparatoria, la “muscolazione”, e via dicendo.

Come si spiega allora che esistano esperti di considerevole livello che non hanno mai combattuto in gara, o che comunque non hanno mai vinto un incontro? Il fatto è che il judo è anche uno sport, ma non solo questo.

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Campionato interprovinciale

di Clio Dosi

Erano 640 i piedini nudi che hanno partecipato domenica 2 dicembre all’incontro di judo nella palestra della Pallavicini a Bologna. Un numero impressionante.Se poi calcolate che ogni bimbo era accompagnato da almeno 2 persone, scelte fra le tante care che avrebbe voluto portarsi dietro solo per ricevere un applauso, un complimento, o una consolazione in più, il numero di presenze era davvero stupefacente. Gremiti gli spalti da cui straboccavano gli accenti veneti, trentini, emiliani naturalmente dominati dalla nostra , immancabile, “s” alla bolognese.

6 i tatami, 8 gli arbitri, 14 i giudici di tavolo, e 4 i coordinatori ( tra cui Paolo Checchi che si è classificato con la sua polisportiva San Mamolo al primo posto ): questi i numeri che hanno costituito un affiatato ed efficiente team organizzativo che è riuscito a distribuire le medaglie entro solo tre ore e mezza dal primo agimè.

 

I miei primi 30 anni

Proprio in questi giorni ho compiuto 30 anni.

30 anni passati sulla materassina a praticare il judo. Prima come allievo dell’indimenticabile maestro Otello Zanatta e poi come atleta agonista, aiuto del maestro e, infine, dal 1994 come maestro.
A consigliarmi di praticare il judo fu mio fratello Antonio. Per lui, agonista nato, il judo era il “massimo”, il modo migliore per scaricare le tensioni e, soprattutto, per gestire l’irruenza dello scatenato fratellino minore. Per me fu amore a prima vista ! Ero felice quando, finalmente arrivava il momento di indossare il judogi, di salire sul tatami, di vedere il maestro, di ascoltare i suoi insegnamenti, di provare a metterli in pratica con i miei amici compagni di corso.

Insomma, io sulla materassina mi sentivo a mio agio. Stavo così bene che, poco alla volta, cresceva in me anche il desiderio di trasmettere ai più piccoli quello che avevo imparato.
Non mi fu difficile riuscirci, le persone che mi circondavano allora e mi circondano ancora oggi (Don Novello, Romano, Marisa) mi hanno capito e incoraggiato.
L’ambiente del San Mamolo è l’ideale perché vi è tanta serenità, tanta complicità e tanta attenzione nei confronti dei bambini. Un ricordo particolare e sentito va al maestro Ezio Sermasi che è stato per molti anni mia buona guida nell’ambiente del judo e che mi ha insegnato ad apprezzare le emozioni che si provano nel far crescere i ragazzi attraverso la disciplina sportiva.

Oggi al San Mamolo ci sono tanti giovani che stanno intraprendendo la strada dell’insegnamento e per me è una grande soddisfazione vedere in loro quell’entusiasmo che mi ha sempre coinvolto e che tutt’ora continua a prendermi quando sono in mezzo a loro.

Il judo è una scuola di vita

di Roberto Rusignuolo

Ciò che va al di là della conoscenza tecnica, della resistenza fisica e dell’armonia del movimento, è la vera essenza del judo.

Quando si sale sulla materassina dove si pratica il judo, lo si fa a mente sgombra, o questa si libera durante il corso della lezione.
Indosso si ha un uniforme uguale per tutti, non vi sono differenze gerarchiche o sociali che spicchino dall’individuale abbigliamento (che sovente, nella vita quotidiana, va oltre il semplice coprire e scaldare il corpo).

L’unica differenza tra i judoca è il colore della cintura, che serve solo ad indicare il grado di preparazione ed il livello di esperienza (quanto meno temporale) o a differenziare i due contendenti, come avviene in gara.

Ogni individuo deve curare la propria igiene, al fine di non danneggiare gli altri e di amare il proprio corpo. Amare e rispettare gli altri, partendo da sé stessi.

Il judo è uno sport che si pratica in gruppo, per far si che spicchi caratterialmente l’individualità del judoca. Senza l’apporto della squadra il judoka non avrebbe modo non solo di confrontarsi, ma anche di crescere e migliorarsi. La competizione richiede due sfidanti che individualmente cercano di prevalere l’uno sull’altro, ma dietro questi c’è il supporto tecnico di un maestro e l’appoggio morale di un’intera squadra.
Lo spirito di gruppo è necessario per sostenere le fatiche dell’atleta, è necessario per ottenere soddisfazione nella vittoria come nella sconfitta.

La giusta educazione sportiva la si coltiva con i giusti propositi di vita, nel rispetto, nell’onestà, nell’amore.
Questo è ciò che si percepisce appena si entra in una vera palestra di judo, questo si respira nella palestra del S. Mamolo, quello che si vive frequentando la squadra del S. Mamolo.
In ogni allenamento, in ogni gara, in ogni incontro viene trasmessa solidarietà, unione, coraggio, gioia di vivere. Ogni occasione d’incontro è finalizzata allo stare insieme e comunicare.
Con serenità, con amore.

Ogni individuo trascorre più o meno intensamente la propria vita, ognuno ha avuto un passato che lo ha portato a delle scelte più o meno piacevoli, ognuno ragiona con la propria testa e in base alle proprie esperienze.
Grazie alla filosofia che il judo trasmette con i suoi insegnanti, si può realmente vivere meglio, più intensamente ogni singolo giorno, ogni esperienza che si presenta nel nostro cammino e condiziona le nostre scelte.
Tutto con più amore e umanità.

Quando il sudore scorre dietro alla volontà di fare, al coraggio di mettersi in gioco, alla solidarietà di gruppo, questo porta ad un impegno costante e ad un continuo migliorare, fino ad arrivare a ottenere risultati soddisfacenti ed appaganti, come avviene nella squadra del S. Mamolo, col sorriso, in armonia, in serenità.
Come avviene in tutte le palestre che crescono in un clima sano e rispettoso, di tutto il mondo.

Non ci sono età che separano individui quando questi non le sentono e non le fanno pesare.
Tutti hanno la possibilità di imparare dagli altri, il bimbo dall’adulto, l’adulto dal bimbo.
L’esperienza che si acquisisce nel tempo e negli avvenimenti che lo scandiscono, porta a volte ad allontanarci dai veri valori morali che ci guidano in una vita onesta.
Grazie all’interscambio con i bambini, gli adulti possono ritrovare la giusta via della spontaneità, del coraggio e dell’amore.
Nella via della cedevolezza i bambini imparano i principi fondamentali di questa affascinante disciplina, e ce li restituiscono direttamente con la più accattivante semplicità.
I bimbi sono la vera forza del S. Mamolo, e di tutte le palestre di vita.

Il judo e il bambino

Spesso genitori e bambini si avvicinano al judo senza una vera e propria conoscenza di cosa sia questa disciplina.

La percezione comune soprattutto dei giovani, dei bambini, risente, infatti, di una serie di messaggi legati alle arti marziali, diffusi dai mass-media attraverso film, cartoni animati, fumetti, ecc.

Il più delle volte viene così disperso con questi messaggi confusi e parziali, il senso primario dell’apprendimento del judo inteso come sport, pieno di rituali che conducono al rispetto della convivenza civile e all’osservanza di regole che dovrebbero sorgere innate, ma che occorre invece imprimere nella coscienza di tutti.

E’ più che mai importante chiarire il reale valore del judo quando ad accostarsi è il bambino, un soggetto che richiede una speciale attenzione e che può cominciare ad intraprenderlo sin dalla tenera età di 4/5 anni.

Infatti proprio per i bambini, l’esperienza del judo viene a rivestire un importanza e un ruolo educativo che possono rivelarsi estremamente preziosi per l’evoluzione psico-fisica e per la crescita armonica, anche se avvicinata da principio come gioco.

Tendenzialmente, pur ammettendo delle eccezioni sappiamo che i nostri bambini, oggi, sono bersagliati da informazioni che li depistano verso una realtà sempre più virtuale, in cui il ruolo attivo viene appiattito al minimo; questa realtà riduce notevolmente le dinamiche della fisicità e delle relazioni umane.

Frequentemente lo scenario in cui il bambino si trova non è abbastanza ricco di avventura, responsabilizzazione, maturità e consapevolezza che una volta esso apprendeva spontaneamente e per necessità dettate da situazioni sopravvivenza precaria che imponevano uno sviluppo precoce, un’ indipendenza in tutto e per tutto.

Oggi le regole vengono supinamente o addirittura per niente seguite, i genitori sempre di più si assumono ogni decisione sulla vita dei loro bambini.

In questa ottica è fondamentale l’affacciarsi al mondo del judo, mondo dove la volontà del bambino si risveglia, gli si profileranno degli obiettivi, l’attore principale finalmente sarà proprio “lui” il bambino.

Fondamentale punto di riferimento è la figura dell’educatore, in questo caso l’insegnante di judo o il maestro. E’ lui il veicolo di un sistema rituale, di leggi e di reazioni, che risvegliano nel bambino il senso di curiosità, attrazione ed infine di rispetto per una realtà che sia organizzata secondo un insieme di principi.

La coscienza del proprio ruolo e maturazione nel bambino si conseguono con più efficacia in un contesto sportivo, con una guida carismatica, perché ogni conquista comporta fatica, movimento, agilità di pensiero. Anche la non vittoria in un confronto ludico o nella classica garetta, reca con se un alto potenziale educativo legato al sacrificio, al riconoscimento dei propri limiti e alla ricerca del miglioramento.

Soffermiamoci sui vari aspetti del judo.

Il principio base è conosciuto universalmente attraverso le parole stesse del suo fondatore Jigoro Kano

“la via della non resistenza” o la “via della flessibilità”, il cammino che conduce ad una vita equilibrata utilizzando un metodo di educazione fisica e mentale basato su una disciplina di combattimento a mani nude.

Ideogrammi “JU” e “DO”

ideogramma_judo

Il principio stesso di questo tipo di combattimento è la non-resistenza, cedere alla forza avversa per squilibrarla, controllarla e vincerla con un minimo di sforzo.

Il Dojo “il luogo in cui si insegna la via” ed è anche il nome della palestra in cui si studia un’ arte marziale. L’ultimo aspetto ma non meno importante è quello rituale.

Una ritualità che inizia con il saluto in piedi all’accesso al dojo, che si ripete insieme all’insegnante, in ginocchio all’inizio e alla fine di ogni lezione, nonché lasciando il dojo. Un gesto che introduce ogni atto del judoka: sia nella pratica di allenamento, sia prima del confronto ludico e la cui accettazione ed esecuzione corretta è già inizio di inserimento, di approvazione di un mondo disciplinato che porterà il bambino ad abbandonare la spontanea anarchia tipica dell’età. In questo momento è molto importante che i genitori riconoscano e verifichino la potenziale ricerca di riferimenti da parte del bambino, e l’importanza di una guida diversa da quella naturale della famiglia.

Il judo è anche stimolo a razionalizzare i propri atti nel tempo: per esempio la capacità di indossare velocemente e correttamente il judogi, quella di annodare la cintura nel modo giusto. L’educatore deve insistere inizialmente sulle attività di coordinazione, deve insegnare al bambino a muoversi a destra e a sinistra, avanti e indietro poi hanno tanta importanza i cosidetti movimenti rotatori. Importantissimo è assortire il livello dei piccoli atleti in modo che i più esperti accompagnino la maturazione dei più lenti, e che allo stesso tempo anche fra i più progrediti si creino confronti stimolanti ad ulteriori raggiungimenti. Entrano allora in queste dinamiche relazionali fattori come la solidarietà, il senso di protezione, il rispetto, la stima, il desiderio di emulazione sportiva.

Una seconda fase è quella di far apprendere al bambino le cadute. Deve imparare a rotolare, a staccarsi dal suolo, deve trovare il suo equilibrio, deve salvaguardare la propria e altrui incolumità, il che richiede una veloce intuizione dei gesti, questi movimenti diventeranno spontanei con tanta pratica e tanta attenzione da parte dell’educatore.

Poi viene la fase del confronto che per prevenire qualsiasi paura psicologica si fa iniziare con la lotta “ a terra ” nel corso della quale il bambino si libererà delle prime reazioni istintive, per conquistare gradualmente la tecnica.

Quando il bambino acquisisce consapevolezza dei propri gesti, si inizia lo studio delle tecniche “ in piedi ” cominciando con le prese fondamentali, dagli squilibri, dal trascinamento al suolo, per proseguire senza traumi la lotta a terra per arrivare infine alle varie proiezioni.

Anche durante le proiezioni l’insegnante deve porre grande attenzione affinché il bambino capisca che durante l’azione di proiezione avrà la responsabilità nel pilotare nella direzione corretta il compagno.

L’insegnante deve evitare in ogni caso di spingere il bambino al confronto sleale pur di vincere ad ogni costo. Non è questo l’obiettivo del judo. A questo punto il piccolo praticante è pronto ad intraprendere la lunga fase evolutiva del judo e in futuro seguire se lo vorrà l’attività agonistica, che non è obbligatoria.

In questo modo il bambino attraverso questo meraviglioso sport potrà incamminarsi verso le grandi, piccole difficoltà della vita contando sulle proprie forze.

E’ sicuramente questa la più grande gratificazione per l’insegnante di judo.

Sono sicuro che il bambino sia che diventi un campione o resti semplicemente un ragazzo sportivo, avrà comunque alle spalle un’esperienza comunque positiva e formativa.

Le tecniche e l’autodisciplina del judo gli potranno essere utili in ogni emergenza della vita.

L’esperienza del judo non gioverà solo i bambini iperprotetti e inattivi, ma anche quelli più difficili, turbolenti, magari provenienti da situazioni famigliari problematiche, perché imparano a incanalare l’aggressività in azioni regolate, quindi a trasformarla in energia positiva per se e per gli altri.

Concludo citando una famosa frase del grande Jigoro Kano:

“Il Judo non è soltanto uno sport. Io lo considero un principio di vita, un’arte e una scienza […] Dovrebbe essere libero da qualsiasi influenza esteriore, politica, nazionalista, razziale, economica, od organizzata per altri interessi. Tutto ciò che lo riguarda non dovrebbe tendere che a un solo scopo: il bene dell’umanità.”

Campionati Italiani di Paestum

di Clio Dosi

Svegliati alle 06.30 tutti gli atleti della rappresentativa dell’Emilia Romagna si sono incontrati a Villa Pallavicini, per prendere il pulman che li ha condotti fino a Paestum.

Forti sono state le preoccupazioni e le tensioni dei maestri ( Paolo Checchi, Stefano Rossi, Aldo Minarelli, Salvatore Bellavia ) che hanno ricevuto durante il viaggio la telefonata del responsabile nazionale del C.S.I ” Ho bisogno di voi”.

Effettivamente di una mano ce n’era bisogno:nell’organizzare la palestra dove si svolgevano le gare e controllare che la competizione si svolgesse senza intoppi.

Tutto questo è stato compensato dall’ alloggiamento al bellissimo albergo “Meridiana” immerso nel verde, con piscina all’aperto.

Le due serate sono trascorse tra guide turistiche e feste in piazza: dove i maestri si sono scatenati in una “Romagna mia” eseguita ad hoc dall’orchestra locale, rischiando la rissa ( scherzo !!! ) con alcuni cantanti napoletani, mentre i ragazzi hanno fatto conoscenza con le ragazze del luogo.

Terminata un intensa tre giorni i nostri ragazzi sono partiti alle 12 alla volta di Bologna, dove li aspetta un meritato riposo dopo un anno di gare e di soddisfazioni, per poi ricominciare una nuova stagione a Settembre.

Care donne, poi non dite che nessuno vi aveva avvertito

Clio Dosi

Se c’è una cosa che non dovete e dovete mai fare, care amiche, ma dico proprio mai, nonostante possiate essere così piene di cellulite da traballare per tre minuti ad ogni passo, nonostante possiate avere i muscoli più flaccidi di quelli di una lumaca, nonostante possiate amare il pensiero orientale tanto da divorziare perché vostro marito non ne può più di “puzzo di incenso al caprifoglio” e di quei maledetti bagagli scaccia-non-so-chè che tintinnano per ore appena tira un po’ d’aria, nonostante possiate essere così femministe da non sognare altro che menar maschi, nonostante vogliate affermare la vostra personalità e ritrovare il vostro equilibrio perché siete stanche di insultarvi ogni mattina allo specchio dicendovi che siete brutte come un cesso e che avete due occhiaie da paura, dicevo mai e poi mai( anche se avete tutti questi e altri problemi )affidarsi al judo.

Vedete, sarebbe come prendersi a martellate su un piede. Mi spiego. Dopo i primi tempi di pratica vi guarderete allo specchio e sarete molto soddisfatte di voi stesse: avrete quasi sconfitto la cellulite, osserverete compiaciute un ventre piatto con dei bellissimi addominali, vi accorgerete di sclerare molto meno del solito grazie a quelle due ore settimanali che vi permettono di sfogarvi e di eliminare gran parte dello stress, tutte quelle nuove conoscenze della palestra vi renderanno più allegre, vi sentirete anche più leggere grazie al maestro che vi aiuta in qualsiasi problema voi abbiate….

Ma fate molta attenzione perché vi accorgerete che più sarete sollevate da tutte queste sensazioni, più vi legherete al judo; ed inizialmente non ci vedrete niente di male nell’essere judo-dipendenti, ma ricordate la vostra femminilità? Presto le nostre tipiche paranoie si faranno strada dentro di voi e riaffioreranno là sul tatami. Che incubi !! Il peggiore di tutti è il peso, obbligatorio prima di ogni gara. Quando sali sulla bilancia elettronica e aspetti il responso che ti giungerà pubblicamente davanti a tutti quei ragazzi, provi un ansia, ma un ansia……
Per non parlare della ceretta che bisogna farsi anche in inverno visto che lottando si potrebbero alzare i pantaloni fino al ginocchio! Poi c’è il problema dell’acconciatura visto che i capelli non devono essere sciolti e la coda non troppo bassa altrimenti rischi delle gran tirate ( di capelli )!

E poi ci sono i calli che ti vengono sulle mani e braccialetti e orecchini che non puoi tenere per problemi di sicurezza.

Insomma quello che voglio proprio dirvi è di non lasciarvi trascinare in questo tunnel: il mostro del judo ben presto vi bloccherà col suo divertimento, vi legherà con la sua strana diversità dagli altri sport, vi imprigionerà con la sua arte. Se perciò fra qualche tempo sarete incatenate in queste condizioni….Beh, poi non dite che nessuno vi aveva avvertito!

San Mamolo Judo

di Gianluca Frascà

Presente nel mondo judoistico da più di vent’anni, la S. Mamolo è una società che fa dell’esperienza del suo Maestro, dei suoi insegnanti nonché dell’amore per i suoi atleti le sue carte vincenti.

Da anni, ormai, detta legge nel C.S.I. con primi posti a livello provinciale, regionale e ultimamente, anche a quello nazionale. Quasi tutta la squadra è composta da ragazzi che non raggiungono i vent’anni e questo è motivo di vanto per il Maestro Paolo Checchi e per tutta la Polisportiva.

Il vero segreto è il duro, se non durissimo, allenamento, e la grande dolcezza che il Maestro riversa sui suoi atleti, andando ben oltre alle usuali mansioni di un allenatore: il metodo c’è e i risultati si vedono!!! Solo l’ultimo anno ha regalato alla S. Mamolo Judo il campionato interprovinciale, quello regionale, quello interregionale oltre al campionato assoluto C.S.I Joy Cup.

La grande famiglia che è questa società, è in crescita tanto quanto i suoi risultati sportivi, e ci auspichiamo che continui a dare lustro alla nostra città non solo in Italia, ma chi lo sa, anche in Europa.

Il maestro e il judo

di Luca Fabbri

Come sempre capita in tutte le gare di un certo livello si perde di vista la vera finalità dello sport, purtroppo.

Ormai è sempre più difficile trovare persone, come te, e noi tutti atleti nati dalla tua sapiente, sincera e onesta mano, capaci di anteporre la finalità educativa del nostro sport ai possibili successi in campo agonistico!

NON ci hai mai impedito di confrontarci con gli altri, anzi, hai fatto di tutto per stimolarci e per insegnarci il vero spirito del judo e dello sport in generale: la correttezza e la sincerità delle nostre azioni e dei nostri comportamenti, ma soprattutto il rispetto per il prossimo.

Judo: una semplicissima parola ma densa di significati profondi che solo in pochi sanno cogliere, e tu sei proprio uno fra questi pochi,che oltre a essere “maestro” di vita per le tue bimbe lo sei anche per noi. Mi ritengo molto fortunato ad avere te come mio ” maestro” e fin d’ora ti ringrazio per essere una persona che oltre ad insegnarmi una disciplina sportiva e formativa, mi insegna anche a essere più uomo di chiunque altro e a crescere con fierezza nel cuore e sincerità nello spirito!