La mia cintura nera
Di Laura Bugo
La richiesta del maestro Paolo di scrivere qualcosa sulla mia esperienza di questo periodo mi ha colto di sorpresa e infastidito, all’inizio, perché mi sembrava un’assurdità avere i compiti delle vacanze pure per il judo, poi ho capito invece perché aveva un senso che pure io scrivessi quando mi sono ricordata di me stessa, poco dopo che avevo iniziato a fare judo, quando guardando il sito della polisportiva, mi sono imbattuta in tutti quei racconti dei “grandi” che erano diventati cinture nere e avevo pensato “voglio essere anche io tra quei “grandi” che sono così bravi…”.
Bé adesso ci sono, vorrei poter dire a quella bambina, ma non credo di essere così brava come ti aspettavi, spero di non averti deluso, ma dopo tutto sei tu, e non è una cosa impossibile come ti immaginavi.
Comunque, ritornando alla mia esperienza… non so di preciso cosa dire perché ho deciso di non rileggere adesso gli scritti degli altri per paura poi di scrivere involontariamente le stesse cose, però proverò…
Quando ho deciso di prendere la cintura nera non mi aspettavo nulla di ciò che poi è successo; per spiegarmi meglio: mi aspettavo di dovermi impegnare e di dover lavorare tanto (anche se non pensavo così tanto), ma non mi aspettavo di cambiare io.
Quando guardi alle cinture nere vedi persone che si impegnano più di tutti, che insegnano agli altri ecc… ma quando avviene questo cambiamento? Quale sorta di magia ha quel pezzo di stoffa nero?
Prima di settembre, periodo in cui io e Carlotta abbiamo dovuto mettere la testa a posto e iniziare a impegnarci seriamente, pensavo che sarei comunque stata io, che sarei sempre stata come gli altri che magari se non hanno voglia di fare qualcosa lo fanno sì, ma non con il cuore, ed ecco questo è ciò che ho imparato preparando l’esame-a prescindere da un’innumerevole quantità di tecniche, nomi e date-a mettere il 100% di me stessa in ogni cosa che faccio perché solo così il giorno dopo il 100% sarà più di quello del giorno prima,
a non fare le cose per abitudine o perché ti dicono di farle, a capire perché mi chiedono di fare una cosa e a dimostrare a tutti quegli alti gradi, ma soprattutto a me stessa che ce la posso fare.
Vorrei quindi ringraziare tutti i maestri che ci hanno seguito con grande pazienza e ci hanno insegnato quella che è la “magia” della cintura nera: il cuore.
Non mi scorderò mai la lezione più grande che ho imparato, lezione che è difficile imparare a scuola, che potrei spiegare a quella bambina dicendole
“Metti il cuore in qualsiasi cosa tu faccia, tutto risulterà più bello e nulla impossibile”
Non ha molto senso che io mi dilunghi sullo scrivere come sia stato il periodo in preparazione all’esame, serva solo sapere che è stato faticoso infatti facevamo ogni settimana 8 ore di judo, quando ci andava bene, e mi ritrovavo sempre a studiare di notte, ma che mi ha dato enormi soddisfazioni… perché se non sei in grado di fare un cosa e devi lavorarci il doppio perché ti riesca, è immensamente maggiore la soddisfazione che ne ricavi.
Più di tutti i maestri pluri decorati però c’è una persona che devo davvero ringraziare senza cui non sarei riuscita a fare niente di tutto ciò che ho fatto, con cui ho riso come una matta, con cui ho sofferto per le innumerevoli cadute, con cui mi sono angosciata per l’esame fino al punto di non aver più paura, fino al punto in cui dici “o la va o la spacca” , con cui ho passato ore intere a studiare nomi che sembravano impossibili, con cui mi sono posta tutti i dubbi amletici che sembravano troppo insignificanti per chiederli ai maestri, l’UKE del mio cuore, la mia Carlottina, che nonostante sia la persona più diversa che ci sia da me, è una delle persone che sento più vicino.
La strada per la cintura nera è lunga, difficile e intricata tra maestri che dicono cose assolutamente opposte, tra dolori assurdi in tutte le parti del corpo e tra ansie e preoccupazioni, ma se si percorre insieme, se ci si aiuta l’un l’altro camminando, inciampando, cadendo e rialzandosi insieme, diventa molto più semplice, perché come ci dice sempre il nostro maestro Paolo e come insegnava anche il fondatore del judo Jigoro Kano, quella del judo non è una strada che si percorre da soli!