Olimpiadi 2004

di Alessandra Schiavina

Atene – Giovedì 13 agosto scorso, con una spettacolare festa d’apertura, hanno avuto inizio i giochi olimpici 2004 ad Atene. Eccezionale la regia in uno stadio olimpico di grande valore architettonico nella città che ha visto nascere le Olimpiadi. Non poteva esserci momento migliore per visitare questa capitale che per il grande evento si era vestita a festa.

Nuovi e potenti impianti illuminavano sapientemente i templi dell’antichità (mai il Partenone si era visto così bene!) ma anche palazzi, piazze e strade.
Molto efficiente l’organizzazione dei servizi di trasporto che consentiva di raggiungere in tempi velocissimi e quasi senza attese i vari stadi dislocati anche in zone periferiche. Alla metropolitana si aggiungevano linee di autobus specifici sempre presenti. Per non parlare della nuova linea ferroviaria terminata il giorno prima delle Olimpiadi che collega il centro di Atene al Pireo ed a tutte le stazioni di rilievo della costa.
Con il biglietto d’ingresso in uno stadio si poteva usufruire gratuitamente dei trasporti di andata e ritorno.
Di grande efficacia l’opera di divulgazione per la conoscenza della città effettuata attraverso la distribuzione in ogni angolo di cartine con tutti i riferimenti utili fatta da giovani ateniesi volontari.
Gli stessi volontari (si parla di circa settantamila adesioni) che si trovavano ovunque, tutti facilmente riconoscibili per la divisa multicolore, sempre pronti ad elargire sorrisi ed aiuto. Gli stessi che insieme alle forze di sicurezza sorvegliavano rigorosamente gli ingressi degli stadi. La paura di atti terroristici aveva molto allertato la città che aveva predisposto misure di sicurezza a volte ritenute eccessive dal pubblico ma che a me tranquillizzavano tanto.
Tanti volontari anche negli spalti per seguire scrupolosamente il pubblico nella ricerca del proprio posto a sedere, sempre con gentilezza e pazienza.
Questa la bella cornice di un quadro fatto di prove atletiche di altissimo valore. perché alle Olimpiadi si può veramente assistere ad atti di grande eroismo. Ho ancora in mente il grido esultante del judoka russo al raggiungimento del bronzo, dopo aver combattuto un’estenuante gara portata avanti a tutti i costi nonostante l’evidente dolore al braccio infortunato in un combattimento precedente. Eroiche le imprese dei judoka giapponesi che hanno l’ippon impresso nei geni, che vengono accompagnati da intere squadre di “tifosi-ultras” tutti vestiti con casacche dello stesso colore a seconda della scuola di provenienza dell’atleta. Alla casacca si univa talvolta la maglia con dipinto il viso del judoka. Spesso nei gruppi di tifosi nipponici si intravvedevano ragazze vestite con il kimono tradizionale che portavano le donne, quasi che l’evocare i loro costumi e le loro radici fosse di buon auspicio per il giovane che combatteva. Cosa dire dei fratelli, dei genitori e dei nonni che, se si aveva la fortuna di avvicinare durante l’ora del pranzo, li trovavi stretti tra loro talvolta ridenti e a volte uniti in preghiera. Si, pregavano i propri dei, i propri avi perché infondessero forza ai propri figli. Che popolo! L’atleta che raggiunge l’oro viene quasi venerato.
Ottimi i risultati nel judo ottenuti dai giapponesi ( 8 medaglie d’oro e 2 d’argento). Per l’Italia queste Olimpiadi nel judo non hanno dato gli esiti che ci si attendeva pur ottenendo un bronzo dalla brava Morico che è riuscita a gareggiare con grande concentrazione ed a vincere con un magnifico ippon.
Un ultimo pensiero al momento della premiazione, momento magico di grande commozione; l’applauso parte vigoroso, lungo verso l’atleta-eroe che sale sul podio e viene incoronato, per un attimo non importa se chi vince porta la bandiera della tua nazione, perché il riconoscimento del valore umano passa ogni frontiera e segue la legge del cuore e della passione.

Alessandra Checchi