Il judo per me di Alberto Berni

Il percorso che mi ha portato a prendere la cintura nera è stato uno dei viaggi più lunghi della mia vita. Ho iniziato a praticare Judo fin da quando ne ho memoria. Da piccolo era una costante, dopo scuola, fiondarmi sul tatami e dare sfogo a tutte le energie che accumulavo. Di conseguenza non erano rare le volte in cui Paolo cacciava un bimbo scalmanato di nome Alberto dalla materassina. Nel corso degli anni e delle gare, ho conosciuto nemesi e alleati che sono poi diventati amici. Combattere è un modo di approcciare nuove persone e di affermare chi sono. Sul tatami esisto davvero. Dopo quattordici anni, ho iniziato il corso per il primo Dan e mi sono trovato di fronte a un concetto di Judo che non avevo mai visto. Fino a quel momento, avevo vissuto il Judo come un Randori e uno Shiai, un combattimento gestito dalle regole della gara. Ma la cintura nera mi ha rivelato che il Judo è una disciplina molto più grande di quanto non pensassi.

Preparandomi per l’esame, ho iniziato a confrontarmi con il concetto di controllo e perfezione; non praticavo la tecnica per fare Ippon, ma perché venisse canonicamente bene. La cura della perfezione si è trasferita anche nel Kata, dove ho imparato un nuovo valore dell’“allenarsi insieme”. Fare Kata con un altro judoka crea intimità. Come Uke, inizi a fare attenzione ai tuoi movimenti per aiutare il tuo Tori nelle tecniche; mentre come Tori impari il valore del controllo per proteggere il tuo Uke. Durante ogni allenamento, senza accorgermene, ho conosciuto meglio i miei amici e ne ho incontrati di altri. Col tempo allenarsi insieme è diventato un vero e proprio modo di presentarmi a qualcuno, mi da l’opportunità di mostrare il mio stile e la mia grinta.

Dire che studiare il Judo, nella sua interezza, genera umiltà sarebbe un eufemismo. Studiando sotto diversi maestri, ho visto un Judo di cui non puoi mai sapere tutto. È un judo che si spinge ben oltre le regole del combattimento, che permette lo sviluppo di innumerevoli situazioni. L’enorme quantità di tecniche, difese, strategie, tipologie di Kata, Randori e nomenclature mi ha svelato che il Judo è molto più di quello che ho vissuto finora. E adesso mi ritrovo sbalordito: dopo un cammino che mi è sembrato a dir poco epico per durata e intensità; è come ritrovarmi bambino sul tatami, di fronte a una disciplina che cresce e si estendeogni volta che la pratico. In questo cammino ho imparato che il Judo mi ha fatto crescere. Adesso che sono cintura nera, spero che continui a crescere dentro di me; e che, un giorno, il mio Judo possa far crescere qualcun altro.

Ringraziamenti

Ringrazio il mio Dojo e tutti i suoi maestri. È grazie a loro se ho sviluppato la tecnica e la forza che mi hanno portato dove sono. Per questo ringrazio principalmente Gianluca e Rostand. Ringrazio Dario, che mi è stato vicino per anni tra allenamenti, risate, tecniche e Kata. Ringrazio Dario anche perché mi ha portato, con tanta pazienza, dove non sarei mai giunto da solo. Ringrazio tantissimo Laura, che si è sempre scapicollata per essere sul tatami con noi a insegnarci le fondamenta del Kata. Con tanta pazienza, Laura ci ha sempre aiutato, tramandandoci l’esperienza di una campionessa. Ringrazio Cesare e suo padre Antonio perché mi hanno mostrato quanto sia sconfinato il Judo e perché mi hanno dato un nuovo grado di competenza a cui aspirare. Infine, ringrazio Paolo. Senza di lui non credo proprio che sarei qui. Paolo ha sempre avuto tanta pazienza con me, fin da quando sopportava i guai che combinavo sul tatami. Ringrazio Paolo perché ha avuto fiducia in me. Sul tatami e fuori, Paolo ha sempre creduto che io potessi qualificarmi ai nazionali, arrivare al nono posto, e adesso, ottenere il primo Dan della cintura nera. A tutte le persone che mi hanno supportato in questo percorso, dico grazie di cuore.

Alberto